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Riprendono le conferenze al Gambrinus

Piero Infinito: una nuova serie di 4 conferenze di Roberto Manescalchi su Piero della Francesca al The Letterario Gambrinus, Montecatini Terme.

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Piero della Francesca Musicista

Nuova conferenza per Roberto Manescalchi che affronta un tema particolare e d inedito: Piero della Francesca e la musica.

14 dicembre 2014, ore 16.30 a Montecatini Terme

14dicembre2014

The Letterario al Gambrinus

16 novembre 2014, ore 17.00

Roberto Manescalchi presenta: La Pala di Brera di Piero della Francesca

16novembre2014

Piero della Francesca alla Corte dei Pichi

Piero della Francesca alla Corte dei Pichi (studi e documenti pierfrancescani n* 2), una nuova pubblicazione di Roberto Manescalchi che per prima volta indaga il rapporto tra l’artista e questa importante famiglia a cui Piero dedicò il suo Trattato d’abaco.

 

Piero della Francesca ritrovato o Lorentino a San Polo?

In merito alla presunta scoperta di un nuovo affresco di Piero della Francesca di cui siamo venuti a conoscenza a mezzo stampa (La Nazione di Arezzo) lo scorso 19 agosto ci corre l’obbligo di qualche precisazione:

1) Giorgio Vasari. L’affresco in questione non è nel novero delle opere che Vasari ha attribuito a Piero in Arezzo. (Vasari – contrariamente ad altri luoghi – conosce perfettamente la sua città e le opere contenute nelle chiese della sua città. Al tempo di Vasari gli affreschi di San Polo erano in perfette condizioni di visibilità e a Vasari non sarebbe certamente sfuggito un Piero della Francesca tra gli affreschi di Lorentino. Vasari sui lavori di Piero ad Arezzo ha due testimonianze praticamente dirette: la prima dai familiari attraverso la testimonianza di Lazzaro Vasari, suo parente non troppo lontano, che di Piero in Arezzo fu prezioso aiuto; la seconda dai familiari della moglie che fu una Bacci. Vasari in famiglia non avrebbe saputo in nessun modo che un parente (ancora una volta molto prossimo alla moglie) era stato effigiato da Piero in luogo di Sant’Antonio in San Polo? Suvvia non scherziamo! Purtroppo crediamo che il mancato inserimento del Sant’Antonio di San Polo tra le opere di Piero, operato da Vasari, sia destinato a pesare come un macigno sulla fortuna storica di questo affresco.

2) Eugenio Battisti. Battisti conosceva perfettamente l’affresco che oggi si tenta di ricondurre a Piero. Esegui personalmente una fotografia dell’opera e la pubblicò nella sua monografia su Piero nel 1971. La inserì tra altre di Lorentino (in ambito dei seguaci di Piero a pag. 208) del suo secondo volume. Il mai troppo compianto professore è stato un gigante tra gli storici dell’arte ed indubitabilmente il maggior studioso di Piero della Francesca del Novecento. Ad Eugenio non è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di annoverare tra gli autografi pierfrancescani l’affresco di San Polo e anche questo rappresenterà un notevole ostacolo per la futura “carriera” dell’opera che oggi si tenta di ricondurre a Piero.

3) Mario Salmi. Anche lui conosce perfettamente l’affresco di San Polo e anche lui lo pubblica nel suo Piero della Francesca del 1979 (pag. 108). Naturalmente anche Salmi gli dedica tre o quattro righe attribuendolo indubitabilmente (contrariamente a quanto si vorrebbe far credere) a Lorentino. Salmi è istituzione monumentale per tutti gli storici di Piero della Francesca e per tutti gli storici dell’arte e anche il giudizio di Salmi rappresenterà un gran bel problema per il presunto “novello” Piero.

4) Angelandreina Rorro. Perfetta sconosciuta al cospetto di Vasari, ma anche dei certamente più modesti – sempre al cospetto di Vasari – Battisti e Salmi. Tuttavia la Rorro non è studiosa di secondo piano stante che, dopo aver pubblicato (1996) uno libro su Lorentino, Lorentino d’Arezzo discepolo di Piero della Francesca, qualcuno pensa bene di affidarle (2005) la compilazione della voce per il Dizionario Biografico degli Italiani  che tutti sappiamo targato Treccani! C’è bisogno di aggiungere che Treccani sia istituzione e monumento? Crediamo di no! Sicuramente è necessario, invece, sottolineare che, quella che ci pare avere i titoli per essere considerata la studiosa di riferimento per quel che riguarda Lorentino, non ha dubbio alcuno circa la paternità del Sant’Antonio e lo certifica indubitabilmente al Lorentino!

Si verificherà quindi che, prima o poi, a proposito del Sant’Antonio in questione, uno storico neanche troppo attento dovrà scrivere (mi sa che tra qualche istante l’avrà già scritto):
– Non elencato da Vasari tra le opere di Piero
– Riferito a Lorentino e non a Piero da Battisti (1971) e Salmi (1979)
– Inserito nel catalogo delle opere di Lorentino da Rorro (2005)
– Ricondotto a Piero da Refice e Nocentini (2014), ma soprattutto da don Natale Gabrielli parroco di San Polo (pare, infatti, che il parroco l’abbia sempre saputo che si trattava di un affresco di Piero!)

Pensavamo potesse suonar peggio… invece, scritto così sembra quasi normale e possibile. In fondo in grado di cogliere la siderale differenza (crediamo non ci sia alcuna mancanza di rispetto… basta scorrere l’elenco delle rispettive pubblicazioni) tra l’accoppiata Battisti/Salmi e Refice/Nocentini sono, purtroppo, sempre in meno.

Se sembra quasi normale e possibile allora è segno che il nostro argomentare necessita di una qualche aggiunta.

Perché aggiunte? Dov’è il problema? Cosa c’è di male se gli studi vanno avanti e ci sono progressi? Ci pare di aver compreso, se non stiamo errando, che da un unico cartone siano state spolverate due teste (per documentazione scientifica ci auguriamo che siano presto in grado di dimostrarlo oltre ogni ragionevole dubbio): una in San Francesco in quel di Piero della Francesca e una in San Polo in quel di Lorentino!

Ecco appunto: in quel di Piero e in quel di Lorentino!

Se una testa è spolverata in quel di Piero significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Piero ed è di Piero! Se una testa è spolverata in quel di Lorentino significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Lorentino ed è di Lorentino!

Prima di discutere della differenza di qualità della testa (progetto e concepimento) di Piero e quella di Lorentino (crediamo sia notevole!), conviene ricordare il come sia appurato che Lorentino fosse da Piero a “spolverare” e magari anche a fare qualche naso, bocca e barba (copiava benissimo e di continuo, spesso in totale assenza di cervello, ogni particolare del maestro); mentre non è per niente appurato, invece, e non risulta affatto che Piero sia andato a fare da aiuto a Lorentino! Non siamo ancora alla fiera delle amenità!

Premesso quanto sopra, lasciate da parte tutta una serie di ulteriori considerazioni, pare proprio che tra l’aureola della Maddalena (in analoga ambientazione, degli stessi anni e poco lontana) e quella del Sant’Antonio ci sia una qualche differenza. Una (quella della Maddalena) contribuisce a dare un senso allo spazio concepito dal codificatore della prospettiva (Piero si serve sempre di analoghe soluzioni), l’altra (quella del Sant’Antonio) più che ad una aureola assomiglia piuttosto ad un vassoio da colazione appiccicato con il biadesivo alla nuca del Santo (dov’è Piero, ma per favore!) e rimanda con forza ad una visione e concezione dello spazio che affonda le sue radici nel tardogotico (facile per Lorentino che non aveva certo i mezzi per seguire il Maestro nelle sue ambientazioni).
Concezioni completamente diverse (visibili chiaramente anche a un cieco) sono in gioco nella risoluzione dello spazio attorno alle due figure (Maddalena e Sant’Antonio) e se Piero è la Maddalena ed è la Maddalena non potrà mai essere il Sant’Antonio. Le architetture che fanno da ambientazione alle due figure sono diversissime. In linea con tutte le altre del maestro, raffinatissime e preziose, quelle della Maddalena di Piero. Povere, non misurate e sproporzionate nelle dimensioni quelle del Sant’Antonio.
Le braccia del Sant’Antonio completano idealmente il banalissimo cerchio dell’arco disegnato dall’architettura e ben più complessa e monumentale è la struttura della Maddalena. Ci dispiace dissentire da Carlo Bertelli (intervistato al proposito da La Nazione il  giorno dopo – 20 agosto -), ma il volto non ha una gran forza e pare anzi insignificante al pari degli occhi e questo non solo al cospetto della Maddalena, ma anche a quello di tutti gli altri sicuramente riferibili a Piero: Cristo Risorto, San Giuliano, Madonna del Parto ecc.
Quando Piero affronta un qualsivoglia tema iconografico lo fa sempre in modo innovativo e il risultato è sempre un qualche cosa di mai visto prima. Il nostro Sant’ Antonio è, purtroppo, parente stretto (non serve a Lorentino aver scimmiottato malamente un architettura di Piero) di quello che ci giunge – come qualità di pensiero – direttamente dal medioevo e che si trova a pochi km di distanza in  S. Clemente a Pigli e già pubblicato dal Salmi nella sua Civiltà artistica della terra aretina 1971.

Se non si riconosce Piero converrebbe di cambiare mestiere (questo ovviamente non è un consiglio, non mi permetterei mai, è una semplice, personalissima, convinzione!)

N.B.
Sembrerebbe che la nuova scoperta potrebbe rivoluzionare (anticipare) anche le date riferite alla esecuzione degli affreschi della Leggenda della Vera Croce. Anche questa considerazione sembra sul livello qualitativo dell’attribuzione… scusateci di grazia e per favore, ma dei documenti dell’epoca, riferiti al ciclo pittorico, rinvenuti in archivio e pubblicati da Battisti prima e Settesoldi e Centauro poi che ne facciamo? Li falsifichiamo o li buttiamo?

Roberto Manescalchi

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Ercole (Parte I)

Roberto Manescalchi: L’Ercole di Piero, tra mito e realtà (Parte I)

Un’opera di Piero della Francesca? Certamente un affresco affascinante e non indagato. L’Ercole, unico soggetto profano del grande maestro del primo Rinascimento, oggi conservato all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, vero o falso che sia, continua a sollevare incognite, dubbi e quesiti.

Edizioni: Grafica European Center of Fine Arts
ISBN 978-88-95450-05-6
ISSN 1971-8845
Collana: Terre di Piero

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Il battesimo di Piero della Francesca

Presso l’Antico Caffè Nazionale, Palazzo Magi, Sansepolcro, Roberto Manescalchi presenta il volume Alcuni inediti sul Battesimo di Cristo di Piero della Francesca.

La conferenza inaugura anche l’esposizione della copia di Giulio Gambassi che resterà visibile al pubblico.

Il Libro

Quando parliamo del battesimo di Piero della Francesca, oggi alla National Gallery di Londra, torna inevitabilmente in ballo la storia della tavola pierfrancescana inserita nel polittico di Matteo di Giovanni. Alcuni sostengono (su quale base non ci è dato di sapere) una commissione a Piero che poi sarebbe passata a Matteo di Giovanni che avrebbe completato (circondato) da par suo il capolavoro pierfrancescano. Insomma… uno chiama Leonardo per farsi ritrarre e, a metà ritratto, per il contorno e le finiture, si appella a “Fra Ginepro da Velletri”.

Questo e altri temi vengoni trattati in questo libro.

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Archimede di Piero Della Francesca

edizione facsimile commentata, un’importante pubblicazione  curata da Grafica European Center of Fine Arts e VIMER Industrie Grafiche Italiane, 2007

2 voll. in cofanetto, cm.21,5×29,5,
– pp.86 carte in recto e verso di facsimile
– pp.332 di testi e apparati.

Il manoscritto contenente i trattati di Archimede, recentemente riconosciuto autografo di Piero della Francesca, è con tutta probabilità passato per le mani di Leonardo. Leonardo da Vinci infatti, nelle carte che ci sono pervenute, ci ha lasciato alcune citazioni riferite alle opere di Archimede. Due, in particolar modo, paiono interessantissime; testimoniano, infatti; la voglia del maestro di possedere codici con le opere del grande matematico siracusano.

La prima: “Archimede è intero appresso al fratello di monsignore di Santa Gusta, in Roma. Disse di averlo dato al fratello che sta in Sardigna. Era prima nella libreria del Duca di Urbino. Fu tolto al tempo del Duca Valentino”. La seconda: “Borges ti farà avere Archimede del vescovo di Padova e Vitellozzo quello da il Borgo a San Sepolcro”. La seconda è certamente l’annotazione più interessante: Vitellozzo Vitelli era alla presa di Urbino assieme al Valentino e l’Archimede, che avrebbe dovuto dare (non è certo che questo sia avvenuto) a Leonardo, potrebbe essere uno dei codici della biblioteca di Federico oggetto di predazione, i quali furono dispersi dopo la capitolazione della città … una cortesia da parte di uno dei generali del Valentino nei confronti di Leonardo, che, del medesimo principe, era ingegnere militare. Se così fosse, alla luce della recente identificazione dell’autografo pierfrancescano della Riccardiana, sarebbe più che plausibile l’ipotesi della presenza, nella biblioteca di Federico II, di un codice di Piero con la trascrizione di opere di Archimede; testo che, aggiunto al trattato di prospettiva e al Libellus, porterebbe almeno a tre il numero delle opere del Borghigiano presenti in tale biblioteca. Nell’ottica di “codice depredato” potrebbe anche e forse spiegarsi l’assenza del frontespizio (prima carta che spesso conteneva la dedica e lo stemma del proprietario) del Riccardiano 106.

Questo è già di per sé un codice interessantissimo e, per ovvi motivi, di valore inestimabile: sembrerebbe di percepire, ancorché in assenza di trascrizione, un tentativo di Piero, assolutamente innovativo, di applicazione di notazioni algebriche alla geometria archimedea. La possibile ipotesi che Leonardo possa aver studiato Archimede attraverso la trascrizione e l’interpretazione di Piero, contenuta nel Riccardiano. 106, aggiunge certamente al codice un fascino di enorme presa nell’immaginario collettivo; fascino che, ovviamente, risulta del tutto particolare anche per gli studiosi.

L’opera edita da Grafica European Center of Fine Arts, per i tipi di VIMER Industrie Grafiche Italiane, consta di due volumi, rilegati e cartonati, ambedue dalle dimensioni esterne di mm 293×215 (il cofanetto cartonato che li racchiude ha uno spessore di mm 55). Il primo volume è composto da 82 carte (in recto e verso): è l’edizione facsimile del manoscritto, conservato presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze con l’indicazione numerica 106 (il manoscritto originale è cartaceo – filigrana: aquila iscritta in un cerchio – diviso in 8 fascicoli, quinterni e sesterni). Esso contiene un vero e proprio “corpus” di trattati di Archimede, contrassegnati da rubriche che ne indicano i titoli: De Sphaera et cilindro, Circuli dimensio, De conoidalibus et sferoidibus figuris, Archimedis inventa circa elicas hoc est spirales lineas et spatia dictis lineis contenta, Archimedis Planorum aeque ponderantium inventa vel centra gravitatis planorum, Archimedis de his que aeque ponderant, Archimedis quadratura parabule, Archimedis tractatus de arene numero.

Il secondo volume, di corredo al precedente, raccoglie invece i contributi di presentazione alla realizzazione facsimilare del Riccardiano 106. Introdotto dalle presentazioni di Luciano Scala (Direttore Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali), Riccardo Nencini (Presidente del Consiglio Regionale della Toscana) e Giuseppe Fanfani (Sindaco della Città di Arezzo), si apre con la sezione in italiano di 55 pagine (tradotta in cinque lingue – inglese, francese, spagnolo, tedesco, arabo – per un totale di 332 pagine) con la seguente ripartizione saggistica:

– ” Piero della Francesca e il manoscritto 106 sulle opere di Archimede” (J. R. BANKER)
– “L’Archimede di Piero” (G. LAZZI)
– “Intorno ai manoscritti di Piero della Francesca e alla fortuna storica dell’opera teorica del medesimo” (R. MANESCALCHI)
– “Piero e la tradizione del testo di Archimede nel Quattrocento” (P. D. NAPOLITANI)
– “Piero della Francesca e i manoscritti scientifici: il caso dell’ottica” (R. BELLÉ)

“La scoperta di un altro autografo di Piero della Francesca costituisce già di per sé una notizia emozionante e degna di grande rilievo: se poi questa scoperta riguarda un manoscritto che non contiene opere personali, ma vede il grande artista nella veste di straordinario copista della più alta mente matematica dell’antichità, allora il valore e il significato sono tanti e tali da ben giustificare l’onere economico e il peso del lavoro che comporta la realizzazione di un facsimile, reso possibile grazie all’impegno di uno sponsor privato, che ha abbracciato con entusiasmo questa causa.” (dalla presentazione di L. Scala)

“La riproduzione fac-similare dell’Archimede di Piero della Francesca non è solo un’operazione culturale di grande respiro; è anche un contributo alla rivalutazione di aspetti a volte considerati “minori” dell’opera complessa di uno dei personaggi che hanno fatto grande la Toscana. È un po’ come risalire alle radici e al più profondo sentire di un grande artista come Piero, di cui era nota la ricerca delle basi della cultura scientifica. Il suo sguardo era rivolto ad Euclide e ai matematici greci, e l’interesse per Archimede ne veniva quasi come una conseguenza naturale e logica. Il pittore della luce e delle forme perfette – come è stato definito – rientra a tutto tondo nell’immagine degli artisti dell’epoca, che accompagnavano sicurezza e agilità del tratto a studi prospettici profondi e ad una preparazione anche nelle scienze matematiche di alto livello. Anche questa riproduzione rientra nella concezione dell’uomo “centrale” e “universale”, artefice del proprio destino, versato in ogni ramo del sapere, protagonista di ogni progresso, motore e interprete di quell’esaltante periodo di storia del mondo che fu il nostro “Rinascimento”. Un’iniziativa editoriale importante, che restituisce alla collettività parte di un patrimonio letterario che spesso tende a rimanere accessibile solo agli studiosi.” (dalla presentazione di R. Nencini)

“L’opera su Archimede è una testimonianza della poliedrica figura del maestro di Borgo San Sepolcro, perfetto interprete dello spirito del Rinascimento: artista stupefacente, ma anche indagatore attento della natura e delle leggi che la governano. L’opera ci consente di toccare con mano l’attenzione – non meramente erudita, ma finalizzata ad una migliore conoscenza e descrizione del mondo – che si aveva verso i classici nella Toscana del Quattrocento, dalla quale uscirono tante geniali personalità. Non soltanto Piero, ma anche un Leonardo o un Leon Battista Alberti e, non ultimo, un altro biturgense come frate Luca Pacioli, che definiva Piero “monarca dei matematici” (dalla presentazione di G. Fanfani)

Edizioni: Grafica European Center of Fine Arts
ISBN 978-88-95450-25-4

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Pagine Nuove 4: ‘La Madre di Rembrandt’ e ‘La Natività’

Articoli:

– La madre ritrovata di Rembrandt
– La Natività di Piero della Francesca

ISBN: 978-8895450223   ISSN: 1971 8845-B
Pagine: 94

ALLEGATO AL NUMERO IL CD:
Concerto di musiche al tempo di Piero della Francesca.

Roberto Manescalchi: ‘La Madre Ritrovata’

L’autore presenta in forma compiuta un capolavoro assoluto della ritrattistica della prima metà del XVII sec. Un ritratto della madre di Rembrandt che il grande olandese eseguì, avvalendosi di molteplici tecniche di incisione, probabilmente per personalissimo uso. Un ritratto su cui il maestro intervenne più volte e, probabilmente, a distanza di tempo, ma che conosciamo stampato, in unico esemplare, su raffinatissima carta giapponese del tipo Gampi. Opera di intensa emozione che consente all’autore un viaggio a trecentosessanta gradi nell’universo della grafica rembrandtiana sempre foriero di nuove e affascinanti suggestioni.

Pierpaolo Tofanelli: ‘La Natività’

Dopo la Madonna del Parto l’autore continua il suo originalissimo, singolare ed assolutamente personale (non privo di oggettivi riscontri) studio sulle opere di Piero della Francesca.

Programma del CD:

Ut queant laxis – manoscritto di Montecassino
Fortuna di un gran tempo – Josquin des Préz
Vergene bella – Guillame Dufay
Falla con misura – Guglielmo Ebreo da Pesaro
Nuper rosarum flores – Guillame Dufay
Anello – Domenico da Piacenza
Absque verbis – Heinrich Isaac
El Grillo – Josquin des Préz
Fortuna desperata – Heinrich Isaac
Centoncino – Ludovicus Folianus quodlibet
La Vida de Colin – Manoscritto di Monte Cassino
A la Battaglia – Heinrich Isaac
Scaramella va alla guerra – Josquin des Préz
Squilli di guerra – ricostruzione onomatopeica basata sulle due chiarine raffigurate nelle battaglie di Piero con un squilli di entrata e uscita e  un lungo assolo di tamburi
In Flagellis – Josquin des Préz
Flores super Yesù dolce – Manoscritto di Capetown
Pace e gloria al gentil lauro – Bartolomeo Tromboncino

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Pagine Nuove 3: ‘Leonardo all’Annunziata’ e ‘La Madonna del parto’

Articoli:

– Leonardo all’Annunziata
– Michelozzo di Bartolomeo ‘La Scala dei servi di Maria’
– La Foresteria del Convento della SS. Annunziata
– Le grottesche del Morto
– Affresco alla luce della teoria della prospettiva dei colori di Leonardo e altro ancora
– La Madonna del parto

ISBN: 978-8895450216   ISSN: 1971-8845
Pagine: 94

di Maria Carchio, Alessandro del Meglio, Roberto Manescalchi, Pierpaolo Tofanelli

 Il volume di impernia su due lavori distinti, ossia:

Leonardo all’Annunziata

Nel corso di alcuni anni di studio l’analisi degli spazi di interconnessione fra gli ambienti del convento della SS. Annunziata e dell’Istituto Geografico Militare ha permesso di evidenziare e comprendere strutture ed opere d’arte appartenenti ad epoche che vanno dal rinascimento al barocco; in particolare: una scala “dimenticata” di Michelozzo di Bartolommeo che, in origine, rappresentava il più importante collegamento tra i corpi di fabbrica conventuali in prossimità del fronte occidentale del complesso; la foresteria laica del convento in cui, nell’anno 1500, fu ospitato Leonardo da Vinci, che qui dipinse il cartone della S. Anna, la Madonna dei fusi e, probabilmente, iniziò il ritratto di Monna Lisa; tracce di affreschi di bottega di Leonardo, se non di Leonardo medesimo; due grottesche di Morto da Feltre ritrovate in una parete di un “vano tecnico” (soffitta), che è quello che resta, dopo l’intervento dell’architetto granducale Antonio Ferri, della probabile cella/abitazione del «Maestro Valerio» citato dal Vasari.

La Madonna del Parto

L’autore analizza qui uno dei più noti capolavori di Piero della Francesca, tanto che riesce a carpire alcuni segni lasciati ben visibili dal grande maestro del Rinascimento … Piero dà senso e precisione allo svolgersi della tenda-cielo sovrastante la Madonna ad opera degli angeli, se si considera il fondo di questa, disegnato in bugnati che, disposti per altezza in dieci file, si numerano orizzontalmente in diciotto: quindi centottanta come i giorni di sei mesi o forse come lo scorrere di dodici ore e, più precisamente, come i gradi del triangolo, del semicerchio e dello svolgersi della metà del percorso circolare del tempo dell’anno o del giorno. Un orologio, un incredibile orologio! I centottanta bugnati potrebbero essere quindi lo scorrere del tempo di dodici ore, da un’alba al tramonto, oppure il tempo di sei mesi, cosa più probabile visti i colori. Gli angeli non rappresenterebbero vagamente la primavera e l’autunno ma, con più precisione, i rispettivi coluri equinoziali, cioè il momento preciso dell’inizio stagionale, e come coluri sono rappresentati i due pezzi di trave: cioè perpendicolari alla tangente del punto del semicerchio segnato dalle mani alte che “svolgono” la tenda.

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Tre edizioni per Aboca Museum

Tre importanti edizioni per Aboca Museum curate da Roberto Manescalchi.

Caterina la Santa ritrovata (un frammento di affresco opera di intensa emozione in grado di evocare il nome di Giotto).
Aboca Museum Edizioni, novembre

A far belle le donne di Piero. In collaborazione con Alessandro Meneghini, Valentino Mercati,Umberto Nardi.
Aboca Museum Edizioni

Il Cristo Risorto di Piero immagini rare e desuete.
Aboca Museum Edizioni in collaborazione con Grafica European Center of Fine Arts e Alinari 24 ore

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