Piero della Francesca ritrovato o Lorentino a San Polo?

In merito alla presunta scoperta di un nuovo affresco di Piero della Francesca di cui siamo venuti a conoscenza a mezzo stampa (La Nazione di Arezzo) lo scorso 19 agosto ci corre l’obbligo di qualche precisazione:

1) Giorgio Vasari. L’affresco in questione non è nel novero delle opere che Vasari ha attribuito a Piero in Arezzo. (Vasari – contrariamente ad altri luoghi – conosce perfettamente la sua città e le opere contenute nelle chiese della sua città. Al tempo di Vasari gli affreschi di San Polo erano in perfette condizioni di visibilità e a Vasari non sarebbe certamente sfuggito un Piero della Francesca tra gli affreschi di Lorentino. Vasari sui lavori di Piero ad Arezzo ha due testimonianze praticamente dirette: la prima dai familiari attraverso la testimonianza di Lazzaro Vasari, suo parente non troppo lontano, che di Piero in Arezzo fu prezioso aiuto; la seconda dai familiari della moglie che fu una Bacci. Vasari in famiglia non avrebbe saputo in nessun modo che un parente (ancora una volta molto prossimo alla moglie) era stato effigiato da Piero in luogo di Sant’Antonio in San Polo? Suvvia non scherziamo! Purtroppo crediamo che il mancato inserimento del Sant’Antonio di San Polo tra le opere di Piero, operato da Vasari, sia destinato a pesare come un macigno sulla fortuna storica di questo affresco.

2) Eugenio Battisti. Battisti conosceva perfettamente l’affresco che oggi si tenta di ricondurre a Piero. Esegui personalmente una fotografia dell’opera e la pubblicò nella sua monografia su Piero nel 1971. La inserì tra altre di Lorentino (in ambito dei seguaci di Piero a pag. 208) del suo secondo volume. Il mai troppo compianto professore è stato un gigante tra gli storici dell’arte ed indubitabilmente il maggior studioso di Piero della Francesca del Novecento. Ad Eugenio non è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di annoverare tra gli autografi pierfrancescani l’affresco di San Polo e anche questo rappresenterà un notevole ostacolo per la futura “carriera” dell’opera che oggi si tenta di ricondurre a Piero.

3) Mario Salmi. Anche lui conosce perfettamente l’affresco di San Polo e anche lui lo pubblica nel suo Piero della Francesca del 1979 (pag. 108). Naturalmente anche Salmi gli dedica tre o quattro righe attribuendolo indubitabilmente (contrariamente a quanto si vorrebbe far credere) a Lorentino. Salmi è istituzione monumentale per tutti gli storici di Piero della Francesca e per tutti gli storici dell’arte e anche il giudizio di Salmi rappresenterà un gran bel problema per il presunto “novello” Piero.

4) Angelandreina Rorro. Perfetta sconosciuta al cospetto di Vasari, ma anche dei certamente più modesti – sempre al cospetto di Vasari – Battisti e Salmi. Tuttavia la Rorro non è studiosa di secondo piano stante che, dopo aver pubblicato (1996) uno libro su Lorentino, Lorentino d’Arezzo discepolo di Piero della Francesca, qualcuno pensa bene di affidarle (2005) la compilazione della voce per il Dizionario Biografico degli Italiani  che tutti sappiamo targato Treccani! C’è bisogno di aggiungere che Treccani sia istituzione e monumento? Crediamo di no! Sicuramente è necessario, invece, sottolineare che, quella che ci pare avere i titoli per essere considerata la studiosa di riferimento per quel che riguarda Lorentino, non ha dubbio alcuno circa la paternità del Sant’Antonio e lo certifica indubitabilmente al Lorentino!

Si verificherà quindi che, prima o poi, a proposito del Sant’Antonio in questione, uno storico neanche troppo attento dovrà scrivere (mi sa che tra qualche istante l’avrà già scritto):
– Non elencato da Vasari tra le opere di Piero
– Riferito a Lorentino e non a Piero da Battisti (1971) e Salmi (1979)
– Inserito nel catalogo delle opere di Lorentino da Rorro (2005)
– Ricondotto a Piero da Refice e Nocentini (2014), ma soprattutto da don Natale Gabrielli parroco di San Polo (pare, infatti, che il parroco l’abbia sempre saputo che si trattava di un affresco di Piero!)

Pensavamo potesse suonar peggio… invece, scritto così sembra quasi normale e possibile. In fondo in grado di cogliere la siderale differenza (crediamo non ci sia alcuna mancanza di rispetto… basta scorrere l’elenco delle rispettive pubblicazioni) tra l’accoppiata Battisti/Salmi e Refice/Nocentini sono, purtroppo, sempre in meno.

Se sembra quasi normale e possibile allora è segno che il nostro argomentare necessita di una qualche aggiunta.

Perché aggiunte? Dov’è il problema? Cosa c’è di male se gli studi vanno avanti e ci sono progressi? Ci pare di aver compreso, se non stiamo errando, che da un unico cartone siano state spolverate due teste (per documentazione scientifica ci auguriamo che siano presto in grado di dimostrarlo oltre ogni ragionevole dubbio): una in San Francesco in quel di Piero della Francesca e una in San Polo in quel di Lorentino!

Ecco appunto: in quel di Piero e in quel di Lorentino!

Se una testa è spolverata in quel di Piero significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Piero ed è di Piero! Se una testa è spolverata in quel di Lorentino significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Lorentino ed è di Lorentino!

Prima di discutere della differenza di qualità della testa (progetto e concepimento) di Piero e quella di Lorentino (crediamo sia notevole!), conviene ricordare il come sia appurato che Lorentino fosse da Piero a “spolverare” e magari anche a fare qualche naso, bocca e barba (copiava benissimo e di continuo, spesso in totale assenza di cervello, ogni particolare del maestro); mentre non è per niente appurato, invece, e non risulta affatto che Piero sia andato a fare da aiuto a Lorentino! Non siamo ancora alla fiera delle amenità!

Premesso quanto sopra, lasciate da parte tutta una serie di ulteriori considerazioni, pare proprio che tra l’aureola della Maddalena (in analoga ambientazione, degli stessi anni e poco lontana) e quella del Sant’Antonio ci sia una qualche differenza. Una (quella della Maddalena) contribuisce a dare un senso allo spazio concepito dal codificatore della prospettiva (Piero si serve sempre di analoghe soluzioni), l’altra (quella del Sant’Antonio) più che ad una aureola assomiglia piuttosto ad un vassoio da colazione appiccicato con il biadesivo alla nuca del Santo (dov’è Piero, ma per favore!) e rimanda con forza ad una visione e concezione dello spazio che affonda le sue radici nel tardogotico (facile per Lorentino che non aveva certo i mezzi per seguire il Maestro nelle sue ambientazioni).
Concezioni completamente diverse (visibili chiaramente anche a un cieco) sono in gioco nella risoluzione dello spazio attorno alle due figure (Maddalena e Sant’Antonio) e se Piero è la Maddalena ed è la Maddalena non potrà mai essere il Sant’Antonio. Le architetture che fanno da ambientazione alle due figure sono diversissime. In linea con tutte le altre del maestro, raffinatissime e preziose, quelle della Maddalena di Piero. Povere, non misurate e sproporzionate nelle dimensioni quelle del Sant’Antonio.
Le braccia del Sant’Antonio completano idealmente il banalissimo cerchio dell’arco disegnato dall’architettura e ben più complessa e monumentale è la struttura della Maddalena. Ci dispiace dissentire da Carlo Bertelli (intervistato al proposito da La Nazione il  giorno dopo – 20 agosto -), ma il volto non ha una gran forza e pare anzi insignificante al pari degli occhi e questo non solo al cospetto della Maddalena, ma anche a quello di tutti gli altri sicuramente riferibili a Piero: Cristo Risorto, San Giuliano, Madonna del Parto ecc.
Quando Piero affronta un qualsivoglia tema iconografico lo fa sempre in modo innovativo e il risultato è sempre un qualche cosa di mai visto prima. Il nostro Sant’ Antonio è, purtroppo, parente stretto (non serve a Lorentino aver scimmiottato malamente un architettura di Piero) di quello che ci giunge – come qualità di pensiero – direttamente dal medioevo e che si trova a pochi km di distanza in  S. Clemente a Pigli e già pubblicato dal Salmi nella sua Civiltà artistica della terra aretina 1971.

Se non si riconosce Piero converrebbe di cambiare mestiere (questo ovviamente non è un consiglio, non mi permetterei mai, è una semplice, personalissima, convinzione!)

N.B.
Sembrerebbe che la nuova scoperta potrebbe rivoluzionare (anticipare) anche le date riferite alla esecuzione degli affreschi della Leggenda della Vera Croce. Anche questa considerazione sembra sul livello qualitativo dell’attribuzione… scusateci di grazia e per favore, ma dei documenti dell’epoca, riferiti al ciclo pittorico, rinvenuti in archivio e pubblicati da Battisti prima e Settesoldi e Centauro poi che ne facciamo? Li falsifichiamo o li buttiamo?

Roberto Manescalchi

 santo