Il Veronese rischiò la morte per l’Ultima cena. Giullari, gozzoviglie e un pene enorme… A processo

Un nuovo articolo per Stile Arte di Roberto Manescalchi

28 luglio 2018

L’attenta osservazione di un dipinto del Veronese da parte di Roberto Manescalchi porta alla luce, collegato al clima dell’inchiesta che gli inquisitori aprirono a carico del pittore, un enorme pene umano dipinto tra le gambe del cane, che appare nella scena, in buona evidenza. Cane cazzone? Domeni-cane cazzone? I domenicani erano considerati i cani della fede, cioè i difensori strenui dell’ortodossia.L’episodio sul quale si fa luce svela un possibile intrigo. Perchè Veronese realizzò un’Ultima Cena affollatissima, piena di ubriachi, nani, tedeschi? Osservandola anche oggi appare subito come un’opera assolutamente eretica, considerato ciò che imponeva l’arte riformata: il pieno rispetto delle verità evangeliche, senza aggiunte immaginarie. Quindi fu cambiato il titolo del dipinto, che venne denominato Cena in casa di Levi. Ma il pene del cane passò forse inosservato. Veronese, considerati gli scontri tra i domenicani – clero di emanazione papale – e la Serenissima si prese gioco dei potenti frati, con qualche avallo governativo? Certo che anche il cane a tre zampe – e pertanto zoppo – presente in un altro dipinto potrebbe indicare, sottotraccia, il giudizio grottesco del Veronese sulla politica giudiziarista e liberticida imposta dal pontefice negli Stati stranieri, attraverso la presenza assillante dai domenicani.

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Leonardo: scoperta una nuova scena della battaglia d’Anghiari?

La modernità conosce la battaglia di Anghiari di Leonardo attraverso la splendida copia che, del capolavoro perduto del Vinci, ha realizzato Pieter Paul Rubens nel 1603. Rubens che, tuttavia, non può non aver interpretato da par suo proponendoci un Leonardo certamente rivisitato. Gli studiosi, rilevati pochi schizzi e frettolosi disegni di studio e o preparatori del Vinci medesimo, considerano e tengono conto di altre copie degne di un qualche significato. Ecco l’elenco delle principali:

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https://www.stilearte.it/leonardo-scoperta-una-nuova-scena-della-battaglia-danghiari-lo-studio-di-manescalchi/

Gioconda, (2017) un nuovo libro di Roberto Manescalchi

La presentazione del libro ‘Gioconda’ di Roberto Manescalchi, in sede di Presidenza del Consiglio della Regione Toscana è l’occasione per l’autore di illustrare alla stampa la clamorosa scoperta dell’identificazione del volto di Lisa Gherardini in due monocromi affrescati da un allievo di Leonardo e, più precisamente, Morto da Feltre.

Di Morto da Feltre e delle sue Grottesche ci aveva già resi edotti Giorgio Vasari, ma nel 2004 le stesse furono scoperte da Roberto Manescalchi che ne diede subito conto ne Bollettino degli Ingegneri della Toscana del mese di ottobre del medesimo anno. Unitamente al reperimento di tracce di affreschi che rimandavano con forza ed evidenza all’atelier di Leonardo la scoperta delle grottesche ebbe poi una grandissima diffusione mediatica. Se ne occuparono praticamente tutti… ricordiamo, tra le oltre mille testate, il New York Time e la prestigiosa rivista di settore Apollo con un articolo di Carmen Bambach curatrice del Metropolitan Museum di New York.

Oggi, a distanza di 13 anni, Roberto Manescalchi ha evidenziato la perfetta corrispondenza tra i volti dipinti nelle grottesche e quello della Gioconda del Louvre. Un allievo di Leonardo ha quindi ritratto la stessa modella servita al dipinto più bello del mondo.
All’interno dell’Annunziata fiorentina, nella cella di Maestro Valerio (alto prelato committente del decoro del ‘Morto’ -sempre secondo Vasari-) poteva esserci solo Lisa Gherardini del Giocondo. Moglie di Francesco del Giocondo mercante fiorentino che dei Serviti dell’Annunziata fu (risulta da molti documenti) cambiavalute e fornitore di paramenti sacri.
Siccome c’è, come ha carattere di assoluta evidenza nei numerosi elaborati pubblicati, la perfetta identità tra i sembianti dipinti dal Morto e la Gioconda del Louvre oggi possiamo affermare con assoluta certezza il come la donna ritratta da Leonardo sia Lisa Gherardini del Giocondo. La certezza che mancava e la Gioconda che mancava… il libro che avete sempre sognato sulla’ icona per eccellenza della pittura del mondo occidentale.

 

 

Nuova pubblicazione su Piero della Francesca: Il San Sebastiano dei Confusi

Questa pubblicazione nasce dall’esigenza di precisazioni e puntualizzazioni tese a preservare, per quanto possibile, l’immagine corretta di Piero della Francesca e l’identità, reale del repertorio delle sue opere. Vivo in un epoca e in un mondo di realtà virtuale – falsa per definizione – e l’impresa appare improba, ma suppongo che giovi lasciare anche una seppur minima e o flebile traccia. L’attribuzione a Piero della Francesca del frammento di affresco raffigurante San Sebastiano da parte del Prof. Vittorio Sgarbi mi pare insostenibile…

Testo: Italiano

ISBN: 9788895450148

Autore: Roberto Manescalchi

117 pag.

Riprendono le conferenze al Gambrinus

Piero Infinito: una nuova serie di 4 conferenze di Roberto Manescalchi su Piero della Francesca al The Letterario Gambrinus, Montecatini Terme.

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La Resurrezione prima del 1869: Il capolavoro nella sua veste originale

Roberto Manescalchi:
Piero della Francesca
La Resurrezione prima del 1869: Il capolavoro nella sua veste originale

Analisi e interpretazione del monumentale affresco della Resurrezione nell’originale pierfrancescano oggi stravolto da improponibili restauri ottocenteschi. La riscoperta e la rilettura di immagini perdute o desuete ci accompagnerà nel viaggio alla ricerca della realtà.

 

Pagine: 45

ISBN: 9788895450964

 

Veronese: The Allegory of Love – L’Unione felice – L’Union Heureuse

Essay by Roberto Manescalchi, Art Historian, with special reference to “Happy Union”, one of its preparatory works or possibly “proof ” version (Private Collection – Switzerland).

Saggio di Roberto Manescalchi con particolare riferimento all’ “Unione felice”, ad uno dei disegni preparatori, ed alla sua, probabile, “copia di prova”)

Etude de Roberto manescalchi, avec référence particulière à “l’Union heureuse”, à l’un de ses dessins préparatoires et à sa probable « épreuve ».

 

Testo: Italiano, English, Français

 

ISBN: 9788895450988

Autore: Roberto Manescalchi

58 pag.

 

 

L’originale Resurrezione di Piero – Conferenza

25 gennaio 2015, 16.30

Caffè Letterario Gambrinus, Montecatini Terme

 

Disponibile da metà febbraio:

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Giovanni Michelucci: Il Palazzo Comunale di Monterchi

“Roberto Manescalchi, interrogando la memoria orale dei cittadini di Monterchi, ci restituisce questa dimenticata, bella operetta morale di Michelacci in terra aretina”
dalla prefazione di Marco Dezzi Bardeschi

Foto, planimetrie e studio di un’opera dimenticata di Giovanni Michelucci a cura di Roberto Manescalchi.

in collaborazione con Ananke, Fondazione Michelucci, Comune di Monterchi.

ISBN: 9788895450957

Autore: Roberto Manescalchi

40 pag.

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Mario Baragli

Catalogo della Mostra a Palazzo Magi di Sansepolcro, curata da Roberto Manescalchi

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ISBN: 9788895450438

Autore: Roberto Manescalchi

140 pag.

 

 

 

Piero della Francesca Musicista

Nuova conferenza per Roberto Manescalchi che affronta un tema particolare e d inedito: Piero della Francesca e la musica.

14 dicembre 2014, ore 16.30 a Montecatini Terme

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The Letterario al Gambrinus

16 novembre 2014, ore 17.00

Roberto Manescalchi presenta: La Pala di Brera di Piero della Francesca

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Piero della Francesca alla Corte dei Pichi

Piero della Francesca alla Corte dei Pichi (studi e documenti pierfrancescani n* 2), una nuova pubblicazione di Roberto Manescalchi che per prima volta indaga il rapporto tra l’artista e questa importante famiglia a cui Piero dedicò il suo Trattato d’abaco.

 

Piero della Francesca ritrovato o Lorentino a San Polo?

In merito alla presunta scoperta di un nuovo affresco di Piero della Francesca di cui siamo venuti a conoscenza a mezzo stampa (La Nazione di Arezzo) lo scorso 19 agosto ci corre l’obbligo di qualche precisazione:

1) Giorgio Vasari. L’affresco in questione non è nel novero delle opere che Vasari ha attribuito a Piero in Arezzo. (Vasari – contrariamente ad altri luoghi – conosce perfettamente la sua città e le opere contenute nelle chiese della sua città. Al tempo di Vasari gli affreschi di San Polo erano in perfette condizioni di visibilità e a Vasari non sarebbe certamente sfuggito un Piero della Francesca tra gli affreschi di Lorentino. Vasari sui lavori di Piero ad Arezzo ha due testimonianze praticamente dirette: la prima dai familiari attraverso la testimonianza di Lazzaro Vasari, suo parente non troppo lontano, che di Piero in Arezzo fu prezioso aiuto; la seconda dai familiari della moglie che fu una Bacci. Vasari in famiglia non avrebbe saputo in nessun modo che un parente (ancora una volta molto prossimo alla moglie) era stato effigiato da Piero in luogo di Sant’Antonio in San Polo? Suvvia non scherziamo! Purtroppo crediamo che il mancato inserimento del Sant’Antonio di San Polo tra le opere di Piero, operato da Vasari, sia destinato a pesare come un macigno sulla fortuna storica di questo affresco.

2) Eugenio Battisti. Battisti conosceva perfettamente l’affresco che oggi si tenta di ricondurre a Piero. Esegui personalmente una fotografia dell’opera e la pubblicò nella sua monografia su Piero nel 1971. La inserì tra altre di Lorentino (in ambito dei seguaci di Piero a pag. 208) del suo secondo volume. Il mai troppo compianto professore è stato un gigante tra gli storici dell’arte ed indubitabilmente il maggior studioso di Piero della Francesca del Novecento. Ad Eugenio non è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di annoverare tra gli autografi pierfrancescani l’affresco di San Polo e anche questo rappresenterà un notevole ostacolo per la futura “carriera” dell’opera che oggi si tenta di ricondurre a Piero.

3) Mario Salmi. Anche lui conosce perfettamente l’affresco di San Polo e anche lui lo pubblica nel suo Piero della Francesca del 1979 (pag. 108). Naturalmente anche Salmi gli dedica tre o quattro righe attribuendolo indubitabilmente (contrariamente a quanto si vorrebbe far credere) a Lorentino. Salmi è istituzione monumentale per tutti gli storici di Piero della Francesca e per tutti gli storici dell’arte e anche il giudizio di Salmi rappresenterà un gran bel problema per il presunto “novello” Piero.

4) Angelandreina Rorro. Perfetta sconosciuta al cospetto di Vasari, ma anche dei certamente più modesti – sempre al cospetto di Vasari – Battisti e Salmi. Tuttavia la Rorro non è studiosa di secondo piano stante che, dopo aver pubblicato (1996) uno libro su Lorentino, Lorentino d’Arezzo discepolo di Piero della Francesca, qualcuno pensa bene di affidarle (2005) la compilazione della voce per il Dizionario Biografico degli Italiani  che tutti sappiamo targato Treccani! C’è bisogno di aggiungere che Treccani sia istituzione e monumento? Crediamo di no! Sicuramente è necessario, invece, sottolineare che, quella che ci pare avere i titoli per essere considerata la studiosa di riferimento per quel che riguarda Lorentino, non ha dubbio alcuno circa la paternità del Sant’Antonio e lo certifica indubitabilmente al Lorentino!

Si verificherà quindi che, prima o poi, a proposito del Sant’Antonio in questione, uno storico neanche troppo attento dovrà scrivere (mi sa che tra qualche istante l’avrà già scritto):
– Non elencato da Vasari tra le opere di Piero
– Riferito a Lorentino e non a Piero da Battisti (1971) e Salmi (1979)
– Inserito nel catalogo delle opere di Lorentino da Rorro (2005)
– Ricondotto a Piero da Refice e Nocentini (2014), ma soprattutto da don Natale Gabrielli parroco di San Polo (pare, infatti, che il parroco l’abbia sempre saputo che si trattava di un affresco di Piero!)

Pensavamo potesse suonar peggio… invece, scritto così sembra quasi normale e possibile. In fondo in grado di cogliere la siderale differenza (crediamo non ci sia alcuna mancanza di rispetto… basta scorrere l’elenco delle rispettive pubblicazioni) tra l’accoppiata Battisti/Salmi e Refice/Nocentini sono, purtroppo, sempre in meno.

Se sembra quasi normale e possibile allora è segno che il nostro argomentare necessita di una qualche aggiunta.

Perché aggiunte? Dov’è il problema? Cosa c’è di male se gli studi vanno avanti e ci sono progressi? Ci pare di aver compreso, se non stiamo errando, che da un unico cartone siano state spolverate due teste (per documentazione scientifica ci auguriamo che siano presto in grado di dimostrarlo oltre ogni ragionevole dubbio): una in San Francesco in quel di Piero della Francesca e una in San Polo in quel di Lorentino!

Ecco appunto: in quel di Piero e in quel di Lorentino!

Se una testa è spolverata in quel di Piero significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Piero ed è di Piero! Se una testa è spolverata in quel di Lorentino significa che è inserita nel contesto di un opera progettata e concepita dalla testa di Lorentino ed è di Lorentino!

Prima di discutere della differenza di qualità della testa (progetto e concepimento) di Piero e quella di Lorentino (crediamo sia notevole!), conviene ricordare il come sia appurato che Lorentino fosse da Piero a “spolverare” e magari anche a fare qualche naso, bocca e barba (copiava benissimo e di continuo, spesso in totale assenza di cervello, ogni particolare del maestro); mentre non è per niente appurato, invece, e non risulta affatto che Piero sia andato a fare da aiuto a Lorentino! Non siamo ancora alla fiera delle amenità!

Premesso quanto sopra, lasciate da parte tutta una serie di ulteriori considerazioni, pare proprio che tra l’aureola della Maddalena (in analoga ambientazione, degli stessi anni e poco lontana) e quella del Sant’Antonio ci sia una qualche differenza. Una (quella della Maddalena) contribuisce a dare un senso allo spazio concepito dal codificatore della prospettiva (Piero si serve sempre di analoghe soluzioni), l’altra (quella del Sant’Antonio) più che ad una aureola assomiglia piuttosto ad un vassoio da colazione appiccicato con il biadesivo alla nuca del Santo (dov’è Piero, ma per favore!) e rimanda con forza ad una visione e concezione dello spazio che affonda le sue radici nel tardogotico (facile per Lorentino che non aveva certo i mezzi per seguire il Maestro nelle sue ambientazioni).
Concezioni completamente diverse (visibili chiaramente anche a un cieco) sono in gioco nella risoluzione dello spazio attorno alle due figure (Maddalena e Sant’Antonio) e se Piero è la Maddalena ed è la Maddalena non potrà mai essere il Sant’Antonio. Le architetture che fanno da ambientazione alle due figure sono diversissime. In linea con tutte le altre del maestro, raffinatissime e preziose, quelle della Maddalena di Piero. Povere, non misurate e sproporzionate nelle dimensioni quelle del Sant’Antonio.
Le braccia del Sant’Antonio completano idealmente il banalissimo cerchio dell’arco disegnato dall’architettura e ben più complessa e monumentale è la struttura della Maddalena. Ci dispiace dissentire da Carlo Bertelli (intervistato al proposito da La Nazione il  giorno dopo – 20 agosto -), ma il volto non ha una gran forza e pare anzi insignificante al pari degli occhi e questo non solo al cospetto della Maddalena, ma anche a quello di tutti gli altri sicuramente riferibili a Piero: Cristo Risorto, San Giuliano, Madonna del Parto ecc.
Quando Piero affronta un qualsivoglia tema iconografico lo fa sempre in modo innovativo e il risultato è sempre un qualche cosa di mai visto prima. Il nostro Sant’ Antonio è, purtroppo, parente stretto (non serve a Lorentino aver scimmiottato malamente un architettura di Piero) di quello che ci giunge – come qualità di pensiero – direttamente dal medioevo e che si trova a pochi km di distanza in  S. Clemente a Pigli e già pubblicato dal Salmi nella sua Civiltà artistica della terra aretina 1971.

Se non si riconosce Piero converrebbe di cambiare mestiere (questo ovviamente non è un consiglio, non mi permetterei mai, è una semplice, personalissima, convinzione!)

N.B.
Sembrerebbe che la nuova scoperta potrebbe rivoluzionare (anticipare) anche le date riferite alla esecuzione degli affreschi della Leggenda della Vera Croce. Anche questa considerazione sembra sul livello qualitativo dell’attribuzione… scusateci di grazia e per favore, ma dei documenti dell’epoca, riferiti al ciclo pittorico, rinvenuti in archivio e pubblicati da Battisti prima e Settesoldi e Centauro poi che ne facciamo? Li falsifichiamo o li buttiamo?

Roberto Manescalchi

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Un nuovo catalogo per Autenticittà

In occasione dell’ultima fase della mostra

“AutenticitTà: un viaggio di 50 anni a Firenze e dintorni” ideata e curata da Marco Dezzi Bardeschi, con la collaborazione di Duccio Dezzi Bardeschi e Roberto Manescalchi.

intitolata “UNA DIFFICILE EREDITA”,  Firenze presso la Sala delle Regie Poste / Galleria degli Uffizi in corso dal 14 febbraio – 21 marzo  2014, la casa editrice le Sillabe realizza un catalogo aggiuntivo sulla mostra.

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